Il laboratorio Versi di Cura nasce nel 2021 da un bisogno espresso e sentito fortemente da Anna Solaro, anima del teatro sociale dell’Ortica, paziente oncologica con una diagnosi di cancro al quarto stadio. La necessità di una cura salvavita che accompagni e affianchi la cura tradizionale stabilita dai protocolli.
Il percorso della malattia, evento traumatico, necessita di una mappa di orientamento che il paziente non ha per costruire quella forza e quel coraggio che sembrano essere richiesti di default.
Necessita di luoghi deputati in cui esplicitare e imparare a gestire il fiume di emozioni che sembrano travolgere ogni cosa intorno e minare gli equilibri familiari, il lavoro, gli stili di vita.
Il senso di perdita pervade grandemente chi si trova ad affrontare una tale diagnosi: sembrano venir meno le parole, la dimensione del tempo.
Da qui l’idea di coinvolgere pazienti oncologici, parenti degli stessi e personale sanitario in un percorso non di sole parole che coltivi un terreno di confronto, che mostri problematiche ma anche ipotesi di piccole e grandi soluzioni .
L’idea è quella di un percorso laboratoriale in ambito teatrale che porti a definire e ridefinirsi come soggetti, come persone al di là di una diagnosi che non deve essere sentenza.
La storia di un laboratorio a mediazione teatrale.
Quando si ha un cancro.
Il tentativo di raccontare un’esperienza.
Che non è così definibile.
Ancora.
E forse per questo è tanto bella.
Versi di cura è un cantiere aperto.
È un luogo che stiamo edificando.
È un luogo che non esiste ma è ciò che dovrebbe esserci.
È animato dal sogno.
Si parla, si affronta il tema della malattia oncologica, del cancro.
E lo si fa come comunità, disvelandosi ed uscendo dai propri ruoli.
Scoprendo così che pazienti, familiari, medici, sanitari possono avere linguaggio e scopi comuni.
In quel cantiere si costruiscono parole nuove che fanno parlare di temi generali rimossi che sono la vita, la morte, la cura.
La persona al centro al di là della malattia e della diagnosi.
Così i curanti a distribuire protocolli nella fatica improba di tutto ciò, in assenza di tempo, di conoscenza.
Gli ambulatori sembrano essere luoghi di fuga dalla verità e le sale d’attesa (attesa di cura, liste d’attesa, attesa degli esiti…. Godot era un dilettante) dei gironi infernali in cui perdersi.
La comunicazione è errata, spesso violenta.
Eppure c’è poesia, umanità, desiderio.
L’ospedale è un’opportunità per fare il punto di come siamo e di come potremmo essere.
Cura o negazione della cura.
Se dico che la malattia è un’opportunità?
Sarò presa per pazza.
Così è stato, ed è per me.
Anche di fronte alla difficoltà che si fa fatica ad esprimere.
Mi ha centrato sull’esserci.
Sull’essenziale.
Sulla possibilità di trasformazione.
Ha animato in me il desiderio di portare come collettività questo desiderio di abitare una possibilità.
Insieme ad altri.
Persone che si sono tolte pigiami, abitudini, camici, parole ripetute e non sentite, che hanno incontrato emozioni rimosse, gesti che non immaginavano di avere nelle tasche.
Che gruppo siete?
Dei ricercatori? Dei curiosi? Delle persone deluse, vittime di situazioni faticose, di troppo dolore? Dei sognatori?
Siete pesanti o leggeri?
Potremmo dire che siamo dei camminanti e abbiamo l’opportunità di costruirci la nostra identità strada facendo.
Nessuna ricetta ma itinerario, personale e collettivo.
Come se, rispetto alla nostra vita, potessimo fare due passi su in collina e guardarci un po’ dall’alto.
Vedere, intravedere dei versi di cura.
Finanche sognarli.
Senza paura di commuoverci.
Metodologia
Narrazione
Abbiamo narrato.
Le nostre storie, esperienze a seconda dei nostri contesti.
Dal comunicare una diagnosi a riceverla come paziente o familiare.
La narrazione è strumento di conoscenza e consapevolezza ed educa alla condivisione. Al tirar fuori. A disvelare reperti preziosi del sé.
Riflessione
La similitudine di molte storie ed esperienze ha portato a lavorare intorno a grandi aree tematiche (linguaggio, intelligenza emotiva, cura, vita / fine vita, caregiver, stigma, formazione ecc.)
Immaginario
Proprio perché il gruppo è in questo percorso / processo, l’aspetto immaginativo (supportato dalle tecniche artistiche a mediazione teatrale)
è l’aspetto vitale del gruppo.
Nel “brutto” male c’è il sogno la bellezza.
Non ci sono eroi o guerrieri ma persone armate di parole che curano.
Anna Solaro